Quella mattina aveva l’odore del caffè bruciato, il rumore della macchina in panne e lo sguardo provato, accuratamente evitato riflettendomi allo specchio, se non in primo piano e nelle singole parti: operazione necessaria per rendere presentabile con un po’ di trucco l’insieme che avrei controllato in penombra.
Dopo qualche vano tentativo di farla partire, scendo dall’auto concentrandomi su un buon motivo da riferire nella telefonata in ufficio ed esco dal garage vagando senza meta e forse senza più metà, dopo la furiosa lite della sera precedente.
Guardavo la città nelle ore che mi vedono dietro una scrivania invasa da pratiche da sbrigare, sotto le luci dei neon, tra continui squilli di telefono, voci ovattate dietro porte chiuse e colleghi che allungano la breve pausa per raccontarsi l’ultimo week end o litigando sull’ingiusto rigore concesso alla squadra avversaria, tenendo pigramente tra le mani un bicchiere di caffè dall’infinita durata.
L’imprevista decisione di trascorrere qualche ora passeggiando, non era sembrata una buona idea ai miei piedi, stretti e costretti da quelle vertiginose calzature che solitamente cambio nelle ore di lavoro.
Vedo una panchina ombreggiata da una quercia. Lo considero un invito. Mi siedo e controllo subito il telefono, tradendo inutilmente il giuramento fatto a me stessa: nessuna chiamata. Era proprio finita! Dovevo considerarmi sola o libera? Trovavo imperdonabile anche quel dubbio che faceva vacillare la decisione di non tornare indietro , cosi ferrea fino a qualche ora prima.
Mi allontano velocemente, quasi a lasciare i miei pensieri su quella panchina e cerco ansiosamente nella borsa le chiavi di casa. Mancava ancora un po’di strada ma, avendole nelle mani, forse mi sarei illusa di impossessarmi di nuovo della mia vita.
Arrivo. Entro nell’atrio condominiale augurandomi di non incontrare nessuno…
– Spero che tu non abbia pranzato perchè io sto morendo di fame…-
E allenta il nodo della cravatta che ancora indossava dalla sera prima mentre io abbasso la testa per nascondere il sorriso di chi avrebbe dato un’altra possibilità di cui pentirsi.