punturaATTENZIONE: il contenuto di quanto leggerete è non adatto ad un pubblico di età inferiore ai 35 anni.

Mi capita spesso di cercare su internet qualcosa e trovarne tante altre più interessanti al punto da dimenticare l’ indagine iniziale
Questo è quanto è successo quando mi sono imbattuta nell’immagine del pentolino per sterilizzare le siringhe utilizzato prima dell’avvento dell’uso e getta, provocando in me un indecifrabile sentimento oscillante tra la nostalgica memoria ed il trauma infantile ricordando quell’estate di fine anni settanta allorchè il dottore mi ordinò trenta fiale per mancanza di calcio, un mese intero sabati, domeniche e ferragosto inclusi: ahimè, non ne saltai una!
Diligentemente ogni giorno alla stessa ora in quei torridi pomeriggi d’agosto andavo dalla zia, quella brava con la mano di piuma, che mi aspettava davanti alla porta ed io tutte le volte speravo mi accogliesse dicendomi “oggi niente puntura”, ma mentre si abbassava per salutarmi, riuscivo a vedere il pentolino già sul fuoco nella cucina all’ingresso di casa e mi rassegnavo.
I suoi gesti, regolari ed uguali a quelli passati e successivi, avevano la solennità di un rito religioso di cui ero la vittima sacrificale: inforcava gli occhiali appoggiandoli sulla punta del naso, picchiettava sulla punta del flaconcino di vetro rompendo la parte più alta con precisione chirurgica, prelevava il medicinale, toglieva l’aria nella siringa lasciando uscire poche gocce e prendeva un batuffolo di cotone da una confezione grande quanto il numero di persone che le si rivolgevano per questo servizio; io mi preparavo a pancia in giù, con la Settimana Enigmistica in mano cercando tra le pagine la vignetta “Senza Parole” la più adatta a quel momento perchè divertente e meno impegnativa mentre sentivo avvicinarsi alle mie spalle lei e quell’odore sempre più forte di alcool denaturato, chiudevo gli occhi, trattenevo il fiato, stropicciavo i fogli di quel giornale che ormai non serviva a niente e aspettavo che passasse prima possibile l’istante da quando smetteva di strofinare quel batuffolo alla puntura che sembrava un’eternità. “Hai visto che non è niente?” significava che tutto era finito.Ed io ricominciavo a respirare, fino al giorno dopo per rifare tutto daccapo.
Rivedere quel pentolino a distanza di anni è stato come incontrare da grande la maestra: entrambi incutono lo stesso timore e in un attimo si ritorna bambini.