twisted-sifter-la-storia-della-fotografia-aer-L-Ln_l1NfotoDai lontani tempi dei ritratti , panorami o scorci dipinti su tela ne abbiamo fatto di strada  tanto da trovarci  in un’autostrada a tre, quattro, cinque, dieci corsie. Nell’ intento dell’ inventore della fotografia,

credo ci fosse il bisogno di immortalare un tramonto,  consegnare ai posteri  un volto, un momento storico o semplicemente degno di ricordo. Devo dire che fino ad un pò di tempo fa siamo stati bravi a mantenere un certo trend e i ricordi impressi su pellicola sono inversamente proporzionali al tempo trascorso: più sono gli anni passati, meno le foto che li testimoniano. I nostri  nonni dovevano recarsi dal fotografo per realizzare quelle immagini prebelliche: alle spalle tenda di velluto con drappeggio o il finto sfondo bucolico che fungevano da scenografia all’ istituzionale posa della moglie seduta su una sedia e/o poltona con prole sulle gambe e il marito appena dietro insieme al resto della famiglia.
In seguito, il  bisogno di immortalare  su pellicola ci ha permesso di riempire i sempre più rari album di famiglia con foto di matrimoni, compleanni, musei, viaggi, comunioni, saggi di danza, recite scolastiche, persino safari,  fino ad arrivare all’affermazione dei social network che prima hanno celebrato l’apoteosi dell’immagine, poi sono stati complici, insieme agli accessoriati telefonini, della sua inflazione  in ogni sua forma. Se all’inizio timidamente si mostravano foto realizzate occasionalmente in un passato più o meno recente e conservate per essere mostrate  in qualche freddo e pigro pomeriggio invernale, adesso la traboccate vanità ha tolto freni e limiti,              rendendo difficile l’elenco di chi o cosa non si fotografa: il nuovo taglio di capelli, lo smalto appena messo, il gesso alla gamba, il cerotto al naso, la tavola apparecchiata, i piatti prima e dopo l’assalto, i figli nelle loro prodezze o mentre dormono, ignari ( e forse stupiti ) colombe, merli,  ragni, lucertole capitati a tiro di macchina o telefonino, il caffè o l’aperitivo al bar, la pagina di un libro, la macchina appena tamponata, piedi, scarpe, unghie incarnite e non vale neanche più il  “dite cheese”.
Tutto viene conservato nella memoria di una macchina fotografica o di un computer, ma non nella nostra.