Mara sapeva che avrebbe sentito solo giustificazioni inaccettabili o scuse poco credibili dai colleghi e così, appena arrivata per il turno di notte, aveva cominciato a sistemare il materiale arrivato in infermeria mentre gli altri, fuori dalla porta, si davano il cambio tra battute da camerata, veloci aneddoti della giornata, abbassando poi la voce per raccontare qualche pettegolezzo sulla storia del medico con la radiologa. Chissà se avevano mai fatto gossip anche su di lei, forse qualche rivale gelosa della sua bellezza non ancora sfiorata dai 40 compiuti da poco e priva di ogni concessione alla vanità, o chi aveva inutilmente provato ad avvicinarla dopo la fine del suo matrimonio, naufragato da pochi mesi perchè non erano mai arrivati quei figli tanto voluti, cercati e che meritava una storia cominciata sui banchi di scuola, ma era come se non fosse mai nata in un momento preciso perchè c’era stata da sempre. Aveva contato molto, ma ora rappresentava tutto quel lavoro che sembrava aver scelto lei fin da piccola, quando legava un fazzoletto sulla bocca, metteva i guanti di gomma per lavare i piatti e giocava a fare l’infermiera con qualunque essere animato o inanimato, incerottando inermi bambole o prestando soccorso non richiesto a galline e conigli della fattoria in cui era cresciuta.
– Ehi Mara, stiamo organizzando per domani una cena a base di pesce e poi balli di gruppo in quel nuovo locale. Stavolta non puoi mancare! –
– Pensate sempre a mangiare e divertirvi… – rispose distrattamente senza alzare lo sguardo.
Non aveva mai amato la vita mondana, ancora meno fare il numero dispari da quando si era separata e si sprecavano le occasioni in cui qualcuno non organizzava per lei un brunch, un aperitivo, una cena, un apericena, una caccia al tesoro, una pesca di beneficenza o un’uscita in quattro, l’inevitabile classico se il tuo fidanzato conosce qualcuno referenziato, elegante, automunito, scopo relazione seria, astenersi perditempo e tu hai un’amica da consolare. Ma lei non voleva consolazione, distrazione, fare un taglio nuovo di capelli, usare l’abbonamento della palestra regalato dalle amiche, nè serate danzanti o “tuttedonne”, mangiando salatini e chiedendosi perchè gli uomini migliori sono sposati o gay, davanti ad un film strappalacrime. Tutto quello di cui aveva bisogno era di tempo, molto tempo, tutto quello che sarebbe servito a metabolizzare la separazione per cominciare a vedersi come un intero e non più la metà di un sogno finito. No, non sarebbe andata a quella cena tra colleghi. E poi l’indomani era il suo giorno libero ed aveva deciso di fare qualcosa che rimandava da un po’ di giorni. Cercò di trascorrere quella giornata come se nulla dovesse succedere e forse niente sarebbe successo. Non cambiò le sue abitudini e i suoi piccoli riti quotidiani che in questo momento le davano conforto e sicurezza, ma adesso non poteva più aspettare. In strada un automobilista litigava col vigile, qualcuno parlava sul pianerottolo vicino al suo portone, si sentiva la spia della lavatrice che aveva finito il programma mentre in casa per qualche minuto ci fu un silenzio surreale fino a quando non arrivò di corsa nel soggiorno per prendere il telefono nella borsa e comporre un numero, lo stesso che faceva per sapere se ritardava dal lavoro o per ricordargli di comprare il latte.—-
– Pronto? –
– Ciao, come stai? –
– Mara..?…Sto bene… e tu? E’successo qualcosa? –
– Devo dirti una cosa… papà!-