La domenica mattina mia madre aveva sempre la radio accesa per ascoltare le canzoni della hit parade e ” Gran varietà ” con Enrico Vaime che una volta ha detto: “Ogni giorno che passa, somigliamo sempre di più alla foto della nostra carta d’identità”. Non sono d’accordo se penso al mio primo documento di riconoscimento fatto a 18 anni per l’iscrizione all’Università ed il debutto come elettrice, quando le foto migliori sono quelle che ti immortalano per come sei realmente e, invece, per anni sono stata costretta ad esibire, negli uffici o ai posti di blocco, l’immagine in bianco e nero di un sorriso forzato dal fotografo che dispensava meccanicamente consigli di posa senza alzare lo sguardo dall’obiettivo, ma non era riuscito a cancellare l’espressione felice di chi aveva raggiunto il traguardo della maggiore età, l’illusione della libertà per la patente conseguita da poco, una vita da vivere, mille errori da fare e tutto il tempo per correggerli.
E’ domenica mattina ed ho la radio accesa. Sto guardando la mia carta d’identità rinnovata poco più di dieci anni fa, quando le foto migliori sono quelle che ti immortalano diversa da come sei, ma i colori troppo accesi, quasi fluo mi invecchiavano di almeno dieci anni. Adesso mi rivedo in quell’immagine che allora ho giudicato impietosa, anche se l’imperdonabile chiaro scuro delle luci di un insensibile fotografo, non era riuscito a cancellare l’espressione felice di chi era diventata da poco mamma per la seconda volta ed aveva appena comprato casa nei luoghi che mi avevano visto bambina.
Enrico Vaime aveva ragione ed è ancora in radio. L’unica cosa che non è cambiata negli anni.