Ero già da un po’nel negozio di scarpe senza riuscire a trovarne un paio da abbinare a quel vestito appeso da un paio di giorni ad un’anta dell’armadio in camera da letto, forse per convincermi che era stato un buon acquisto o forse per trovare il coraggio di restituirlo: troppo fasciato, troppo scollato, troppo verde…Verde? Ma come mi era venuto di prendere un abito del colore che non uso neanche per lo straccio per la polvere e proprio per quell’importante evento…?
Guardavo sconsolata la strada dalla vetrina, mentre attendevo seduta sullo scomodo puff l’arrivo della paziente commessa, costretta a recarsi per l’ennesima volta in deposito a cercare delle calzature che forse non erano state ancora create o addirittura pensate. Meditavo seriamente di declinare l’invito alla presentazione di quell’ importante libro quando riconosco, fermo lì, sul ciglio della strada, il mio strano vicino: un uomo silenzioso, poco socievole, dallo sguardo basso, sempre addosso gli stessi vestiti e la stessa indefinita età da almeno un decennio, niente si sapeva del suo passato e ancora meno del suo presente, mai una risposta ad un mio saluto, una voce, un suono o un rumore provenire da casa sua, mai avuto bucato steso, una macchina, un motorino, una bici, un amico, un cane, un gatto, solo un canarino che teneva nel balcone, decorato da un’esagerata vegetazione per scoraggiare occhi curiosi ed indiscreti, dove lo vedevo ogni giorno mettergli acqua e mangime e coprire di sera la gabbia per proteggerlo dalla luce intermittente dell’ insegna del B&B antistante.
Continuavo ad osservarlo, pensando quanto fosse insolito vederlo nella più trafficata via del centro, tra ingorghi ai semafori, affollati tavolini dei bar, gente che corre guardando ansiosa l’orologio e parla animatamente al telefono…In un gesto improvviso si gira verso di me, accenna un sorriso alzando appena la mano e si allontana senza accorgersi che avevo ricambiato quell’indimenticabile gesto.
Non lo vidi mai più.
Era la donna più bella che avessi mai conosciuto.