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“Assolutamente” cosa?

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Non bastavano i vari “piuttosto che” e gli “assolutamente sì”, ora ci si mette pure la nuova moda di salutare chiunque s’incontri con “Ciao, com’è?”. Com’è cosa? La giornata, la salute, la famiglia? Cosa costa mettere un complemento oggetto o ritornare al rassicurante “come stai?” So che andiamo di corsa ed abbiamo sempre meno tempo, ma sarei curiosa di vedere cosa ne facciamo di quello risparmiato, mozzando un saluto o scrivendo tutto abbreviato. (altro…)

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Dialogo con la mia coscienza N°36

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(Coscienza) – Ehi… –
( Io ) – Ciao –
(Coscienza) – Cosa fai? –
( Io ) – Bilanci –
(Coscienza) – Beh, è il periodo suo –
( Io ) – Si, però non sono bilanci di cose fatte o vissute, ma di desideri –
(Coscienza) – Spiegati meglio –
( Io ) – Parlo di sogni irrealizzabili –
(Coscienza) – Figurati se non ti complicavi la vita. Dai, dimmi… –
( Io ) – Vorrei dormire in un attico a New York.. –
(Coscienza) – Ah, cominciamo bene… ! –
( Io ) – Dai, fammi continuare… –
(Coscienza) – Va bene, va bene. –
( Io ) – Avere una segretaria a cui dire “Disdica tutti gli appuntamenti della settimana: mi prendo una vacanza”, nel mio studio con le pareti in radica, perimetrato da piante esotiche, mobili d’antiquariato e le mie gambe sotto un enorme tavolo di cristallo –
(Coscienza) – E comprarti l’Abruzzo ed una parte del Lazio. Ma va’… E poi, non avresti qualcosa di meno frivolo? –
( Io ) – Aspetta….Ah, sì: scrivere una canzone che tutti canterebbero ai falò –
(Coscienza) – Qualcosa di più realizzabile… –
( Io ) – Uhm…vedere De Filippo recitare sul palco di un teatro –
(Coscienza) – Qui hai ragione: è più facile vedere di nuovo De Filippo recitare che saperti autrice di canzoni. Senti, non avresti in magazzino qualcosa di meno impegnativo e che stia bene su tutto? –
( Io ) – Certo, cara. Mi piacerebbe non sentire più le commesse delle profumerie che quel cosmetico non è più in produzione, non vedere la mancanza di umanità in quelle persone che camminano dove la signora delle pulizie del condominio ha appena passato lo straccio, non assistere più alle ingiustizie, sofferenze… –
(Coscienza) – Guerre e la fame nel mondo. Ma ti stai candidando al concorso di Miss Italia? Piuttosto, non ti ho ancora sentito parlare di cose materiali. Vuoi farmi credere che non vorresti borse, scarpe, viaggi, una macchina nuova…?!? –
( Io ) – Che domande mi fai… Certo! –
(Coscienza) – E allora, ti rendo tutto un po’ più difficile. Puoi avere solo una delle cose che ho elencato, quale scegli? –
( Io ) – Certo, così mi metti in difficoltà… –
(Coscienza) – Beh, se no che gusto c’è… ?
( Io ) – AH, ci sono: con un solo desiderio, realizzerò tutti gli altri! –
(Coscienza) – Dai, è impossibile… E cosa vorresti? –
( Io ) – il marsupio di un benzinaio! –

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“Volere è potere”.
Lo ha detto l’insegnante di mia figlia qualche giorno fa.
Sì, lo so che non può vantare la paternità (o in questo caso si dice maternità?) né l’originalità dell’affermazione, ma da quando l’ho sentita non faccio che pensare a quanto sia difficile metterla in atto col passare del tempo. Forse perchè per realizzare un desiderio, bisogna avere coraggio e per avere coraggio è necessaria una buona dose d’incoscienza che perdiamo negli anni.
Quella volta, fu proprio l’incoscienza a prendermi per mano, farmi salire nel terrazzo di casa e sedere su quella bicicletta per imparare a guidarla. Volevo farcela da sola e non so se per orgoglio, sfida o perché non avrei sopportato la voce di qualche adulto che mi avrebbe urlato istruzioni nell’orecchio mentre mi reggeva dal sellino. Non doveva essere difficile perchè la portavano tutti, ma nelle mani degli altri era più democratica, nelle mie sembrava un cavallo imbizzarrito per il manubrio con una vita propria, l’aggravante di essere una Graziella pieghevole quando non doveva e lo spazio limitato che mi costringeva a curvare di continuo.
Reggevo l’equilibrio per poco, all’improvviso la bici andava velocemente a destra e sinistra, si piegava, cadevo e mi chiedevo perchè mai avessero inventato una bici pieghevole se un bambino non avrebbe mai potuto andare in giro con 60 chili sotto il braccio. In quel momento, non mi preoccupava rispondere a questa domanda, ma a mia madre che, ad ogni tonfo, dal piano di sotto mi chiedeva se fosse tutto a posto, costretta dagli impegni di una famiglia numerosa a credere alle mie rassicurazioni.
Le bugie furono direttamente proporzionali alla quantità di tintura di iodio messa su braccia e ginocchia che per mesi non ebbero la pelle, io fui messa in punizione e la due ruote fuori uso, però ce l’avevo fatta: avevo imparato ad andare in bici.
Quell’esperienza mi ha dato una grande lezione di vita che ricordo ancora oggi: quando desideri ardentemente una cosa, pensa ad un’altra cosa.

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carta d’identità

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La domenica mattina mia madre aveva sempre la radio accesa per ascoltare le canzoni della hit parade e ” Gran varietà ” con Enrico Vaime che una volta ha detto: “Ogni giorno che passa, somigliamo sempre di più alla foto della nostra carta d’identità”. Non sono d’accordo se penso al mio primo documento di riconoscimento fatto a 18 anni per l’iscrizione all’Università ed il debutto come elettrice, quando le foto migliori sono quelle che ti immortalano per come sei realmente e, invece, per anni sono stata costretta ad esibire, negli uffici o ai posti di blocco, l’immagine in bianco e nero di un sorriso forzato dal fotografo che dispensava meccanicamente consigli di posa senza alzare lo sguardo dall’obiettivo, ma non era riuscito a cancellare l’espressione felice di chi aveva raggiunto il traguardo della maggiore età, l’illusione della libertà per la patente conseguita da poco, una vita da vivere, mille errori da fare e tutto il tempo per correggerli.
E’ domenica mattina ed ho la radio accesa. Sto guardando la mia carta d’identità rinnovata poco più di dieci anni fa, quando le foto migliori sono quelle che ti immortalano diversa da come sei, ma i colori troppo accesi, quasi fluo mi invecchiavano di almeno dieci anni. Adesso mi rivedo in quell’immagine che allora ho giudicato impietosa, anche se l’imperdonabile chiaro scuro delle luci di un insensibile fotografo, non era riuscito a cancellare l’espressione felice di chi era diventata da poco mamma per la seconda volta ed aveva appena comprato casa nei luoghi che mi avevano visto bambina.
Enrico Vaime aveva ragione ed è ancora in radio. L’unica cosa che non è cambiata negli anni.

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“Non puoi dire no, sarà una serata indimenticabile!”
Quest’espressione che segue un invito a rischio rifiuto, io non l’ho mai capita. Come si può prevedere che una serata sarà indimenticabile? Per essere indimenticabile, deve essere perfetta e per essere perfetta, è necessaria la concomitanza di una serie di eventi che sfuggono all’umano arbitrio perchè appartengono al Caso col maiuscolo voluto. I momenti perfetti di una serata perfetta con incontri perfetti, non si costruiscono attraverso un giro di telefonate ed attese di conferma al grido di “più siamo meglio stiamo. Accadono e basta. Non mi piace la mondanità. Non mi piace adesso e non mi è mai piaciuta. Ricordo la sera e addirittura l’ora in cui l’ho deciso: luglio 1989 alle ore 0:35. Ero in una discoteca di Taormina e non mi divertivo, la stagione era quella giusta, gli amici quelli di sempre ed io continuavo a pensare che mi stavo perdendo l’incontro tra Ivan Lendl e Boris Becker al Torneo di Wimbledon e non mi divertivo. Smisi di fare qualunque movimento convulso che per comodità chiamerò ballare, andai a sedermi ed aspettai che tutti si stancassero per tornare a casa. E’ stata una serata indimenticabile per motivi diversi da quelli previsti: non sarei mai più andata in discoteca e sarei stata più selettiva nelle mie scelte. A quell’età è più facile declinare rosa in latino che un invito, ma il tempo mi ha dato ragione perchè le serate più belle sono state quelle capitate per Caso e solo quando non posso rifiutare, mi arrendo ed esco. Con le mani alzate.

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Ieri mi sono suicidata.
Non mi ricordo come né il motivo per cui io l’abbia fatto e forse è stato senza un buon motivo, ma ho deciso di sopprimermi.
Non ricordo nemmeno di aver sofferto o quella cosa della luce in fondo al tunnel, però sono stata presente al mio funerale: c’era chi piangeva in modo esagerato per un dispiacere grande, altri che piangevano in modo discreto per un dispiacere medio, anziane donne che sgranavano il rosario in perfetta sincronia, un dispiacere non pervenuto ed una presenza spiegata con l’ipoteca sul posto ai primi banchi alla novena che sarebbe seguita, in fondo alla chiesa, vicino all’uscita posti in piedi per chi guardava sempre l’orologio e non aveva neanche messo il telefonino in modalità silenziosa, scattando pure qualche foto, ma senza flash per rispetto dei presenti.
Lo ammetto: non è vero niente. Il funerale intendo, perchè ieri mi sono suicidata davvero quando ho deciso di fare la spesa per il cenone in un sabato sera prenatalizio. Pesce escluso (messaggio privato per rassicurare i miei ospiti). L’ingresso dei supermercati – spiegherò dopo l’uso del plurale – sembravano quelli pubblicizzati dall’annuncio della spesa gratis per i clienti che si sarebbero presentati in costume adamitico con una folla che, invece, ne contava 25000. Iniziative a cui non parteciperei mai per ragioni etiche ed estetiche, ma questa è un’altra triste storia. Si sentiva odore di ansia o forse era sudore di chi era stato circuito da imperdibili offerte sui prodotti assenti sugli scaffali e la cui passata presenza era registrata dal cartellino del prezzo sul bordo degli armadi d’acciaio come la targa “Qui dormì Giuseppe Garibaldi durante le battaglie in Aspromonte” sopra il letto ini qualche palazzo diventato storico. La delusione riguardava più il dolce che il salato: nessun problema per salmone, uova di lompo, tartine preconfezionate che non mi interessavano ( altro messaggio privato per rassicurare i miei ospiti), insalate russe, spumanti e neanche per tovaglioli/piatti/bicchieri con cui si apparecchierà la tavola fino a Pasqua, ma la vista di scatoloni vuoti all’esterno di panettoni, pandori e dolciumi vari, faceva presagire che le immagini dei depliants si riferivano a cosa avremmo dovuto rinunciare. Questo è quanto è avvenuto nel primo, secondo, terzo e quarto supermercato e dopo aver fatto più strada dei Re Magi ed i pastorelli messi assieme e col navigatore rotto.
Alla fine, abbiamo comprato la confezione regalo con lo spumante che non berremo ed i canditi nel panettone che non piacciono a nessuno, praline col liquore che mi faranno andare in coma etilico ed il torrone friabile messo in commercio dalle lobby dei dentisti.
Notizie dell’ultima ora: chi ha saccheggiato gli scaffali, da oggi gira con la scorta.