frigoAprire il frigo, anche solo per prendere un po’ d’acqua, è sempre il pretesto per un rapido inventario da fase REM della scadenze o deperibilità in corso degli alimenti che lo riempiono. Tutto necessario per chi non deve farsi cogliere impreparata da una guerra o diventa triste se apre quello sportello e vede il deserto con l’eco da Grand Canyon. Considerazioni che potrebbero valere per la dispensa, ma è la stessa differenza che c’è tra accudire un cavallo e badare ad un pesce rosso perchè quello è un reparto a lunga conservazione e sopportazione, sempre saturo di prodotti che mi serviranno, potrebbero servirmi, o non mi serviranno mai, però stipati, catalogati e, a volte, archiviati con il preciso metodo dai più indispensabili in avanscoperta fino ad arrivare ai “non si sa mai” e “guarda che offerta!” nelle retrofile. Il frigo è diverso. Il frigo non dà tregua. Mi ricorda di ignorare commoventi avanzi di dolci o affettati dall’inutile confezione richiudibile con gli yogurt, immobili e inquietanti come i guerrieri dell’esercito di terracotta, in numero più modesto, ma ugualmente minacciosi nella data sulla confezione che non ammette proroghe con un accomodante “preferibilmente” e quel “entro e non oltre” che mette la stessa ansia del passeggero che mentre guidi ti dice continuamente di stare attento e intanto si tiene dalla maniglia di sicurezza. Ansia.
Con orgoglio adesso presto più attenzione allo stato di frutta e verdura perchè acquistata direttamente dal contadino e per questo diverse dalle vaschette dei supermercati sigillate e immutate per anni come una natura morta del Caravaggio. Meno durata in cambio di qualità e certezza di provenienza, quella che manca ai sospetti pomodorini da verificare se di Pachino o Pechino, dubbio alimentato dai recenti allarmi per l’invasione dei prodotti cinesi che garantiscono l’affidabilità dei tonni di Fukushima e le stesse aspettative di vita delle cerniere made in China. Ancora ansia.
E poi, a ridosso della parete del frigo, dietro il vasetto di pesto e la marmellata ai mirtilli – comprata forse per il colore e la scritta “Bio”- ci sono quei barattoli di vetro che sembrano non voler più farsi trovare, un po’ per gioco come i bambini nascosti dietro le tende e i piedi che li tradiscono, un po’ offesi perchè usati ed abbandonati insieme al loro inutile e dimenticato contenuto, comunque ancora salvi per la scadenza sull’etichetta che non voglio controllare per non creare a me un movente e a loro un aggravante con un sett 2017 sull’etichetta che non mi farebbe pensare ai 24 mesi di tempo, ma alla mia età tra due anni. Ed io odio per molto meno. Ormai con l’ansia divido pure la pizza ed il divano davanti ala tv.
Finito di bere, passata la sete e concluso l’inventario, mi ricordo di tornare agli affanni e le gioie della mia vita guardando lo scomparto delle uova perchè lì ci tengo supposte e rossetto.