muroStamattina ascoltavo Vaime in radio raccontare del suo rinviato e mai fatto provino (causa maltempo) per un’importante squadra di calcio ed ho ripensato ai miei debutti, ai miei due debutti entrambi deludenti ed ambientati nelle recite di fine anno scolastico.
Nel primo, frequentavo la quarta elementare, ero nell’atrio della scuola per le prove dello spettacolo ormai imminente ed il maestro di musica che ci preparava  mi sentì canticchiare “Noi siamo piccoli, ma cresceremo” sigla della trasmissione “Buonasera con… Renato Rascel” del 1978. Mi chiese di ricantarla mentre mi accompagnava col pianoforte a coda… forse era senza coda…anzi credo fosse proprio una pianola! Risultato: avrei aperto il saggio da solista con il coro dietro, il pubblico davanti e mia madre che non era riuscita a vedermi cominciare la canzone, nemmeno arrivare a metà mentre continuavo a guardare il portone d’ingresso con la maestra che mi faceva cenno di tenere la testa dritta, e neanche alla fine: mi avevano visto tutti tranne mia madre. Avrei capito molti anni dopo che se una bambina di due anni (mia sorella) decide che tu non uscirai, tu non esci.
Nel secondo, le insegnanti cercavano in tutte le classi un bambino o una bambina con buona memoria ed interpretazione per il ruolo da protagonista in una recita piuttosto lunga. Riunirono tutti gli scolari nel lungo corridoio e cominciarono a scartare le meno dotate dopo un rapido gesto d’intesa tra di loro o scrivevano qualcosa su un quaderno se il provino era stato convincente. Arrivò pure il mio turno: mi diedero un foglio da leggere, lo interpretai, lo consegnai e andai a sedermi. Avevo il cuore che mi batteva ancora fortissimo e la mia faccia chiedeva urgentemente un estintore mentre le vedevo confabulare e annuire prima di sentirmi chiamata da una delle maestre che mi chiese di leggere di nuovo quel foglio, ma fui presto interrotta dai loro commenti soddisfatti. Ero stata scelta! Avrei interpretato una bambina che si addormenta e sogna la pace in un mondo perfetto dove non esistono fame, guerre, razzismo…in pigiama! Eh sì, mi avrebbero visto tutti tutti in pigiama  su un palco e senza la possibilità di nascondermi dietro la compagna più alta. Questa era l’unica cosa che non mi entusiasmava, a differenza delle mie maestre che erano piuttosto esaltate dalla recita al punto che avevano invitato il Direttore in persona a vedermi prima della “prima”. Chi l’avrebbe mai detto che mi sarei fatta vedere dal Direttore nel mio pigiama di flanella bianco con fiorellini rosa e comprato per l’occasione? Seduto in prima fila nel suo doppiopetto scuro, i capelli impomatati ed i baffetti alla Clark Gable, mi applaudiva divertito e fu generoso di complimenti alla fine, nonostante i miei vestiti di scena, quel pigiama che avrei tanto indossato nei giorni a venire: febbre alla vigilia dello spettacolo. In questo caso non mi avrebbe visto nessuno tranne mia madre.
Fui sostituita da una mia compagna che aveva imparato la parte a memoria assistendo alle prove e vorrei approfittare di questo spazio per mandarle un messaggio: Cara Rita, non ti ho mai ringraziato abbastanza per il tuo sacrificio, ma sappi che non l’ho mai dimenticato.
E te lo dico con tutto il mio core. Ran…core.