scrivoAveva visto uscire il marito per fare jogging, accompagnato la piccola da un’amica ed era rientrata in quella casa, insolitamente silenziosa di domenica, una domenica mattina come tante, come sempre. Solo all’apparenza. Aveva ormai deciso di non rispettare i rituali del giorno festivo ed i suoi solitari passi, all’improvviso imprevedibili e frenetici, erano diventati un alfabeto Morse che comunicano un improvviso cambio di programma. Si veste senza l’attenzione che è solita prestare al suo abbigliamento, mette le scarpe mentre si avvia verso il portone, afferra la borsa appesa nell’attaccapanni all’ingresso ed esce con la fretta di chi teme ripensamenti.
Delusa e aggrappata solo alla maniglia della metro, vedeva scorrere le fermate e quelle parole lette qualche giorno prima nella posta elettronica del’uomo che pensava di conoscere: “Starti lontano è più difficile di quanto pensassi. Ho bisogno di vederti”, seguito dall’indirizzo di una caffetteria e l’ora dell’eventuale incontro. Visualizzato e senza risposta. Perchè? Era un implicito assenso? Non era più interessato a quella storia? E da quanto tempo andava avanti? Solo con i sensi di colpa di chi tradisce riusciva a spiegarsi le attenzioni che lui non aveva mai smesso di avere fin dal giorno in cui le chiese di sposarlo, dicendo “dimmi di sì e vedrai che saremo l’invidia di tutti”. E così era stato. “Certo – pensava – pure io sempre alle prese con i figli, la carriera e quella promozione che mi avevano trasformato in una comparsa non parlante tra infinite giornate di lavoro senza orario, riunioni fino a notte e interi fine settimana chiusa nel mio studio a smaltire pratiche d’ufficio…Ma che sto facendo? Non posso cominciare a darmi delle colpe…!” si rimprovera mentre cammina nel sottopassaggio di quella sconosciuta fermata della metro.
– Signora, dai un po’ di soldi per il mangiare ai miei figli… – le chiede una zingara dagli occhi furbi ed il collaudato copione. Apre la borsa per prendere qualche moneta e le porge, in modo più distratto che generoso, con la mano abilmente trattenuta dalla donna.
– Ti leggo la ventura. –
– No, guardi…ho fretta…
– C’è uomo nella tua vita… –
– (Vorrei vedere: ho la fede al dito) –
– …Ma non sei felice… –
– (Beh, lo capirebbe pure un bambino distratto di 8 anni mentre sta battendo il record mondiale di GTA V) –
– …Perchè c’è una donna…però la vedo piccola, anzi non c’è! Non la vedo più! –
– Ok, sei stata gentile, ma adesso devo andare. –
Nonostante gli sforzi di censurare dalla mente le inattendibili veggenze, continuavano prepotenti a riaffiorare contro la sua volontà e la consolava che l’esistenza di “una donna piccola …Non la vedo più”, poteva facilmente essere smentito dalla mancanza di qualunque istinto violento.
“Eccomi, l’appuntamento è qui…! ” Si guarda intorno e procede verso l’entrata del locale a passi lenti. Si fa strada tra il vociare di chi si concedeva la pausa di un caffè, la leggerezza del ragazzo al bancone che scambia qualche battuta con un cliente abituale, il rumore dei cucchiaini sui piattini, sino a vedere lui nei tavolini in fondo alla sala, di fronte e ben visibile mentre mescola lo zucchero in una tazza di latte macchiato.
Si avvicina e lui precede qualunque accusa o reazione, dicendole:
– Ti aspettavo. –
– Che significa…? –
– Tutto quello di cui mi hai creduto capace dal momento in cui hai letto quel messaggio fino ad ora che ti sto parlando, io l’ho pensato di te fino a quando non ti ho visto arrivare. –
– Ma io…non capisco… –
– Da molto tempo, troppo tempo non vedo più in te la donna di cui mi sono innamorato e con la quale ho deciso di passare la mia vita. Impegnata, assente, distratta al punto che le tue non sembravano più spiegazioni, ma giustificazioni, bugie di chi ha qualcosa da nascondere. E ti ho messo alla prova. Il messaggio di una donna inesistente da un falso indirizzo sulla posta elettronica e una mia presunta negligenza nel dimenticare il computer aperto hanno fatto tutto…-
– Non so se crederti… –
– Metti la mano nella tasca del cappotto. –
– E questo cos’è? –
– Un biglietto: l’ho messo io stamattina prima di uscire. Ti prego di leggerlo. –
– “Sarai spaventata, arrabbiata e per questo ti amerò ancora di più. L’ indirizzo lo conosci. Non farmi aspettare troppo.” Oh, mio Dio…sono una stupida! –
– Sì,  lo so… Dai, siediti e prendi un caffè: ne hai bisogno. Ah…oggi sei bellissima. –
Rimasero per molto tempo seduti a quel tavolo, con lui che scostava gli oggetti per tenerle la mano.