Ho decisamente scarsa memoria nel ricordare il motivo per cui ho litigato con una persona e quello per cui non compro più una rivista: la prima mi permette di non portare rancore, la seconda di reiterare il reato.
vogueEro un’assidua lettrice di “D” allegato de “La Repubblica” finchè la nuova direttrice ha cambiato tutto tranne il nome perchè tanto è stato eliminato e per il resto ho ritrovato ben poco. Sfoglio e vedo solo orologi Gucci, gioielli Bulgari, borse Prada, tailleur Fendi interrotti da qualche articolo di Rampini, Zucconi e Galimberti in ultima pagina, quasi a scusarsi: in pratica è come se fossi scesa sotto casa dall’edicolante per comprare il giornale e mi fossi invece trovata in prima fila alle sfilate di Milano Moda vestita con ciabatte, mollettone in testa e per giunta a fine mese.
Non conosco le leggi del marketing, ma è stato preso troppo alla lettera che la pubblicità è l’anima del commercio.
Chiaramente è ormai una rivista rivolta ad un pubblico femminile di ceto medio-alto che la leggerà distrattamente nella sala d’attesa mentre attende la fine della toelettatura del suo barboncino, avvolta nella pelliccia d’ermellino parlante e la borsa Louis Vuitton al braccio, come se chi non può comprare quegli stivali da 620 €, i guanti di nappa da 450€ o il fondotinta al siero antivipera da 115€ non fosse in grado di leggere ed apprezzare articoli di politica, attualità, arte o filosofia e meritasse solo di vestirsi con tute di ciniglia Oviesse e tenere sul suo comodino dell’Ikea un rotocalco di gossip dalle poche pretese.
Spero che qualcuno faccia presente alla direttrice che non si tradiscono mai le aspettative di un lettore sostituendo articoli sempre originali e brillanti con consigli per gli acquisti patinati e le ricordi l’esistenza di Vogue.
E se per caso venisse dalle mie parti e mi chiedesse la strada per il Duomo di Messina, io le darò la ricetta della pasta con le sarde.